martedì 3 marzo 2015

Tu che, da lassù, mi guardi


Caro papà che, da lassù, mi guardi, che, quaggiù, manchi come manca il sole dopo tutto un inverno di neve freddo e pioggia, tu che sei stato il mio amico, il mio compagno di avventure, il mio tenero papà, tu che mi hai dovuto lasciare bambina e piccina, tu, da lassù, cosa pensi, oggi, di me?
Sono diventata, anche solo un po’, la donna che pensavi?
Sono vicina, anche solo un pochino, a quello che speravi avrei potuto essere?
Non c’è giorno, da quando sei andato in Cielo, non passa un giorno che io non me lo chieda.

Le tue braccia e le tue mani erano grandissime, forti; io mi ci aggrappavo, mi attaccavo al tuo dito e mi accompagnavi a scuola. Mi davi un bacio, inginocchiandoti, e aspettavi sorridendo che io entrassi. Stavi lì a guardarmi entrare a scuola fino a che io non ero sparita dietro le porte. Tu eri là, non te ne andavi fino a che io non fossi stata al sicuro.
Quante volte ti parlo, ogni giorno!, come se tu fossi qui…
Mi diresti cose diverse dalle chiacchierate che io e te ci facciamo, ogni giorno, tra me e me?
E mi senti? Senti le cose che ti chiedo? Mi risponderesti cose diverse da quelle che io immagino che tu mi dica?
Mi terresti stretta tra le tue braccia, se tornassi a casa e potessi trovarti ancora qui?
Mi daresti un milione e mezzo di baci e carezze, se io fossi triste?

In tutti questi anni, ho continuato a immaginarti.

Ogni volta che sono stata triste, ho immaginato che tu mi abbracciassi; ogni volta che avevo qualcosa da confidarti, ho immaginato di sedermi vicino a te e raccontartelo; ogni volta che è stata dura, ho immaginato di prendere il telefono e sfogarmi con te di tutte le difficoltà; ogni volta che non mi sono piaciuta, ho immaginato di fare qualcosa per rimediare e non dirtelo finché non avevo sistemato il pasticcio.
In tutti questi anni, hai continuato a bussare alla mia porta per darmi il buongiorno, a rimboccarmi le coperte prima di darmi la buonanotte, hai continuato a chiedermi come stavo ogni volta che ho pensato a te.
In tutti questi anni, ti ho costruito, ti ho dato consistenza fiato e anima nel mio cuore. Hai vissuto con me ogni cosa. Non sei mai andato via.

Non ti ho permesso di andartene. Non ho voluto.

Sapevo e so che tu avresti voluto restare. Non te ne sei mai andato veramente.

E so che disapprovi tutte le mie sigarette, la mia pigrizia di certe domeniche, i miei silenzi di fronte ai presuntuosi. Forse, ti da fastidio che io non abbia ancora ricomprato un’auto. Forse, ma non sono sicura, certi miei dubbi, il fatto che io non abbia veramente ancora deciso di credere più forte al mio cuore, al mio coraggio e ai miei sogni, forse, ti fanno preoccupare.

Quante volte ti chiedo come mai non ho fatto una famiglia mia e dove sia la mia metà? Ti faccio arrabbiare? Non so perché, ma immagino che, ogni volta, ti intenerisca di fronte a quella domanda. Ti immagino con uno di quei tuoi sguardi, quasi divertito, quasi stupito, quasi sorpreso, come se ti chiedessi se tua figlia, questa cosina qui, sono veramente io. Ti immagino ridere, ridere forte e ti sento, ti sento davvero!, dirmi di non preoccuparmi, che sono in gamba e che le cose arrivano quando devono arrivare.

E lo so che non avresti voluto lasciarmi sola, così piccola. So che avresti voluto insegnarmi ancora tante cose. Lo so…

So che non hai deciso tu di andartene. So che hai lottato con tutte le forze per restare qui, accanto a me. So che avresti voluto scoprire con me la strada che avrei preso. So che saresti stato là ad aspettare dietro di me e guardarmi andare. Lo so…

Ci sono mille cose che non so e non sai, non sapremo mai di noi, di come saremmo stati se tu fossi stato qui. Avrei scelto la stessa università? Sarei andata a vivere dall’altra parte dell’Oceano? Avresti comprato una casa in collina con il giardino come volevi? Avresti fatto l’ingegnere che disegna e progetta le case come veramente volevi?

Ci saremmo fatti coraggio, credo, come ce ne siamo fatti fino all’ultimo.
Ci saremmo fatti un sacco di risate, come quando ti disegnavo i pupazzetti sorridenti sulle dita dei piedi quando eri in ospedale.
Avremmo fatto lunghe lunghissime camminate in montagna, sono sicura, per pensare e parlare.

Quello che non abbiamo potuto vivere insieme, perché tu eri lassù, un po’ lo abbiamo vissuto insieme, lo so e lo hai visto anche tu.

In qualche strano modo, sei rimasto con me, nella tua forma immaginaria, dentro il mio cuore, di papà speciale, che mi sorride, mi augura sogni d’oro ogni notte e mi protegge da lassù...

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