Aveva le guance cadenti, mollicce.
Labbra rigonfie, quasi tumefatte. Denti da castoro. Occhi cerulei, acquosi e
spioventi. Piccola, davvero minuta, per quel seno prosperoso, prorompente.
Polsi quasi inesistenti, dita sottilissime, spalle fragili, sottili, quasi
inutili. Piedi minuscoli. Gambe sottili e rastremate. Spuntavano, sulla figura
esile e fragile, questi occhioni e questi dentoni, questi labbroni.
Una persona sfuggente, inconsistente, con qualcosa di vorace.
Anche
il nome, di quella ragazza, stroppiava: era altisonante e melodrammatico.
Tutto,
di lei, insomma, diceva già tutto.
E
anche il fatto che, quando l’ho conosciuta, stava con un certo Albi, ma non ci
ha messo né a né be a lasciarlo e mettersi con Bibo, amico del mio ragazzo,
capetto indiscusso del nostro gruppo di amici. Anche quella cosa mi aveva
lasciato perplessa, davvero senza parole, come i suoi occhi spioventi, quel
seno enorme su quel corpo minuscolo, quella boccona e quei dentoni, su quella
donna minuta.
Inconsistente, era evanescente. Ma
vorace. Voleva e otteneva, aveva fame. E quello che ha voluto, lo ha preso.
Ben per lei.
Ben per lei, oggi sposata e figliata,
con quel Bibo.
Ben per lei. Buon per lei.
Io mi dissocio e aspetto.
Aspetto.
Aspetto che, anche per lei, arrivi il conto.
E, il conto, arriverà.
Sono passati quindici anni e ancora non lo ha saldato, per quanto mi riguarda.
Il conto, per quanto mi riguarda, di
avermi concesso quattordici giorni di ospitalità, non uno in più, quando mi ero
appena trasferita a Milano per lavoro.
Il conto, per quanto mi riguarda, di non
avermi mai detto che il mio ragazzo di allora, dopo sette anni di storia, si
era stufato di me e messo con una sua amica, che gli aveva presentato lei, che
lei ha poi invitato a casa sua in montagna per le vacanze di Natale, mentre lui
a me vendeva ancora, da mesi, la storia della crisi esistenziale.
Il conto, per
quanto mi riguarda, di non avermi mai offerto nemmeno una spalla per piangere,
quando non capivo come mai io pensassi che la crisi esistenziale del mio
ragazzo avesse un nome e cognome preciso, quello della sua amica, ma nessuno,
ma proprio nessuno,lei per prima, mi dava un minimo indizio.
Ho avuto una sola soddisfazione.
In
quell’estate che ho trascorso sui libri a scrivere la tesi di laurea, mentre
lei, loro, lui e quell’altra, erano tutti in vacanza in barca insieme, senza di
me, ho versato una tazza di tè sul suo laptop, che si è inchiodato, rotto,
devastato per sempre!
Lasciamo perdere il mio panico per il
fatto che era ferragosto e che avevo paura di aver perso duecento pagine di
lavoro duro serio e sudato.
Lasciamo perdere che ho sborsato di
tasca mia, attingendo ai miei risparmi, i soldi che potevo darle per ripagarle
quel laptop.
Lasciamo perdere che lei ne voleva il
doppio, perché, così mi disse, era il prezzo del modello nuovo che voleva.
Lasciamo perdere che, quando lei è
partita e tornata dopo un mese dall’Erasmus, io sono stata l’unica, l’unica
senza eccezione, a difenderla, quando anche il suo Bibo la attaccava e definiva
viziata e codarda.
Io, quantomeno, non ci ho rimesso un
soldo di più, non ci ho rimesso la dignità, non ci ho rimesso l’orgoglio.
Io, senza figli, senza marito, bridget
jones ancora alla ricerca del mio paio di scarpe, io, a differenza sua, me ne
sono andata a testa alta.
Con dignità e coraggio ho affrontato tutte le salite,
tutte le curve del mio tragitto, senza contare su altri che su me stessa.
Io, a
differenza sua, tutto quello che ho conquistato e portato a casa, tutte le
vittorie, non l’ho ottenuti se non facendo affidamento su me stessa.
Lei, a differenza mia, ha avuto papino e
fidanzatino e poi maritino che le hanno dato soldi casa riparo spintarelle
varie e raccomandazioni.
Lei, a differenza mia, non ha superato
mezza salita, mezza curva, mezza fatica, da sola.
E, per quello che so della vita, su
questa terra, questi grandi favori del destino si pagano, prima o poi.
La vita presenta sempre un conto.
Un
conto che, se lo paghi giorno per giorno, senza barattini favorini e favoroni di
nessuno, ce la puoi fare a pagare.
Un conto che, se invece non arriva mai,
quasi che tu avessi, rispetto agli altri, un merito di credito maggiore, una
specie di carta paradiso con punti infiniti, un conto, che, invece, alla fine,
arriva, arriva eccome!
Arriva. Salato. Salatissimo. Perché tutto ha un prezzo!
E io, quel giorno, non ci sarò.
Sarò per
i fatti miei, magari sola ancora, magari impegnata a sbrogliare qualche casino
intoppo guaio ordinario, ma non ci sarò.
Non ci sono più da quindici anni.
E aspetto.
Aspetto di vederlo, quel conto.
Che arriverà e sarà durissimo.
Buona fortuna, cara!
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