Quando viene il bello, lo sai, in
qualche modo e in ogni modo, che quello è l’attimo, l’attimo da afferrare. Il
momento di gettare a terra le maschere, i vestiti, le lagne e le persecuzioni
di sempre e sopra si apre una botola, una porta in cielo. Sai che devi saltare
e poi nuotare e poi respirare fra gli strappi. Fai un salto, con tutta la forza
che hai, per volare un po’ e afferrare il rischio. Teletrasporto direzione
altrove.
Quando viene il bello si accendono le
insegne, mille cartelli puntano un’unica direzione, il vento soffia, gli
ombrelli volano e le scarpe si slacciano. Il bello viene e ti prende. E se non
ti lasci afferrare, non ti cercherà, ti lascerà e si dimenticherà anche di te.
Oppure no.
Vivi tranquillo, una vita sicura, fingi
di stare al gioco e resti lì, come un uccellino appeso al ramo, a guardare. E
non voli. Nemmeno lo sai di avere un paio di ali.
Oppure no.
Oppure scegli di vivere.
Oppure un giorno decidi di fare una cosa
nuova.
E poi ancora un’altra.
E poi decidi di non sederti, non accettare tutto.
Seguendo un sentiero qualsiasi,
affamato, deluso, smetterai di chiederti come sarà dopo. Imparerai che la
felicità è una scelta e che l’amore è una cosa semplice, perché tu sarai
leggero, sarai curioso, aperto e vicino a tutti nel mondo. Non alzerai più il
sopracciglio. Le parole si saranno asciugate, i pensieri troveranno un loro
angolino comodo, le scarpe le lascerai sul tavolo e andrai via.
Coccio dopo coccio, rimetterai insieme
la poesia. Troverai bicchieri mezzi vuoti, incespicherai in anime perse, passo
dopo passo, barra al vento o quasi. Bisaccia vuota, pochi tesori, ma
inestimabili, invisibili quasi, trofei di rese e attese.
Perderai quasi tutto. Lascerai alle
spalle tutte le scelte ovvie. Una scala sdrucciola, un alito di sole, un uomo con
lo sguardo acceso. Un palpito di noia, una città fradicia, un pomeriggio pallido,
parole nuove, un arcobaleno di pensieri, un mazzo di gelsomini.
E tutta una vita davanti.
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