Non è una questione di polemica. Non è neppure un tentativo
di denuncia di ciò che funziona con l’obiettivo di cambiare il mondo e sentirsi
più zen.
Ma ecco. La gente non
ascolta. Forse sente. Di sfuggita. Ma poi dimentica. E… Ciao!
Non solo non
ascolta manco avesse tappi di cerume pleistocenici, neppure legge. Si lascia
indietro una serie di informazioni importanti, non solo della propria vita, ma
anche di quella altrui (che tecnicamente comprende anche le persone care –
forse-).
Allora ho deciso di non ripetere. Mai. Se chiedo un consiglio,
una cortesia, o se viene detta semplicemente una cosa e non ha riscontro.. non
importa… non lo ripeto. (viva Paganini).
In rarissimi casi le persone ascoltano davvero.. tranne
quando stai baccagliando. Antenne a parabola, ricevi pure i canali del Kazakistan
con interferenze dell’Oceania ed ET ti sta telefonando. Viene registrato ogni
singolo racconto, per non apparire superficiali-disinteressati. Ma dura poco.
Non abbiamo mica perso questa abitudine così.. come fosse la
verginità… ad un certo punto siamo inghiottiti da quello che facciamo – oddio mi
chiama il capo per sapere se la giurisprudenza padana ha pronunciato sulla
nascita prima dell’uovo o della gallina – o da quello che dobbiamo fare –
mettermi a dieta, andare in palestra, chiamare la nonna, vestito in tintoria,
girare nell’iperuranio e ritorno.
Eppure ascoltare non è male. Ovviamente dipende dall’interlocutore.
Insomma, se mi fermano incappucciati vestiti fluo– per carità,
rispettabilissimi - di chicchessia tradizione dell’olocausto che mi decreta la
nascita di piaghe sulle mie mani (ma perché?), inondazioni (io non so nuotare,
non credo nel potere del salvagenti – e comunque con il mio culo sarebbe bucato
– né sono buona ad aggrapparmi. Secondo Darwin io sarei spacciata.
Spacciatissima) e draghi che sputano palle di fuoco rotanti capaci di segare in
due grattacieli (fortuna che a Torino ce ne sono pochi). Ecco… magari prima di
dedicare tempo a loro, si potrebbe privilegiare quell’amico in crisi di
mancanza dell’amore femminile (che per i maschi spesso è un rapporto troppo
stretto con la parte più intima di sé.. Federica), l’amica in costante
afflizione per il peso, quella che non trova se stessa, quella che fa la figa,
quella cha fa la figa di legno, quella figa e basta, il fidanzato.
Ascoltare, e più in generale dare spazio ai sensi… è qualcosa
che dimentichiamo di fare. Ma la meraviglia di riscoprirne le sensazioni è
qualcosa di unico (quasi come la mia odierna voglia di lavorare).
Staccandosi da una dimensione più polemica e di puro
vaneggiamento verbale per concentrarci su un qualcosa di più concreto, mi
piacerebbe ricordare cosa vuol dire “sentire i sensi”.
Ascoltare la voce di una persona, stare in una stanza buia e
sentire solo la voce, prima il suono. Poi i picchi e i bassi, rendersi conto di
come le onde sonore entrano nelle nostre orecchie… poi percepire e capire il
contenuto. (non è che uno poi deve farsi sta scena in mezzo ad una strada…
nella migliore delle ipotesi ti prendono per scemo, nella peggiore ti stirano).
Ecco. Quella è una voce che non scorderemo più e il contenuto sarà impresso
nella nostra mente. Come quella della mamma che ti parla… magari per dirti che
come il solito hai mollato i calzini sporchi sul balcone prendendolo come un
segno di profondo disordine, quando l’intento era quello di preservare la famiglia.
Guardare.. guardare i lineamenti di una persona, fermarsi
sulle increspature del viso, notare che è cambiato, che, la piega del sorriso e
degli occhi può dire molto più di quanto possa essere nascosto dietro una “Grazie,
sto bene” – la buglia più gettonata dei tempi, è vecchia tanto quanto la
professione delle prostitute.. Vedere la borsa colma e lisa di un
professionista che passa per strada, la fidanzata che si aggiusta continuamente
i vestiti (mentre pensa “ma non mi dice niente del vestito nuovo? Per metterlo
ho pure dovuto incellophanarmi nella mutanda contenitiva”), la foglia che
veleggia nell’aria quando cade dagli alberi. Se non ci facciamo caso.. sono
informazioni che perdiamo.
Toccare. Quante volte ci si saluta con un bacio? Quante volte
con il fidanzato? Perché non godersi un momento così bello? È una privazione… Bisognerebbe
fermarsi.. pensare. Prima il contatto, poi toccarsi con le labbra, sentire la
vicinanza e poi la sensazione della pelle, la sua compattezza, poi la densità
dei tessuti e la morbidezza. Così in ogni contatto… se ci concediamo un attimo
in più riusciamo a sentire il gusto di quelle labbra… ed è un altro senso
sorprendente.
Quante volte ci accorgiamo più della puzza che del buon odore
che non sia cibo o profumo? Avvicinarsi tanto da apprezzare l’odore di
qualcuno, se ci si riempie i polmoni ci accorgiamo che inebria tutto il
cervello e allappa la bocca…
Ecco.. ora devo ricordare di farle, se no le connessioni sono inutili.
LXFH
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