domenica 3 gennaio 2016

Via da te



Ho svolto e risvolto la scena immaginaria di noi due che ci ritroviamo e parliamo. Io che ti dico di sapere di aver sbagliato e di averti spaventato e poi ti guardo negli occhi, zitta, per cercare nei tuoi occhi e nelle parole che avresti usato, la risposta alla sola domanda che sempre conta.

Se ti importa di me, se ero qualcosa, se il tuo cuore aveva un posto per me, a questo punto, non ha più importanza.

Mi hai già abbandonata.

Hai messo te stesso, le tue paure, i tuoi preconcetti, le tue false aspettative tutti davanti, davanti a me e, se c’è mai stato, anche a noi.

Non mi hai chiesto cosa volessi da quel noi. Hai scelto tu, ti sei dato da solo le risposte e hai ucciso tutto il bello di conoscersi.

Hai visto una donna che arraffa la vita di un uomo e ti sei ribellato, giustamente, anche arrabbiato, giusto anche questo, hai fatto un passo indietro, forse è stato un bene anche questo.

Ma, se io ho sbagliato, tu hai sbagliato tutto, tanto e più di quanto tu stesso sai e credi.

E non mi importa se sbagli con te stesso, perché ti consegno al destino. Soprattutto, visto che al destino hai detto di non crederci e vuoi vivere senza, non mi importa più nemmeno se sbagli con me.

A volte, bisogna un po’ fingere e un po’ barare.

Così, decido di andare oltre, come ho già fatto con te molte volte, decido di non voltarmi più indietro e non tornare.

Lo saprai, un giorno, che hai sbagliato e fin dall’inizio.

Hai sbagliato a difenderti da quello che sentivi per me e che sentivo anche io, io che ho sempre troppi timori e rispetto per confezionarmi certezze su qualsiasi persona che non sia me.

Hai sbagliato, più di ogni altra cosa, a fraintendere i miei sentimenti e la donna che sono.
Io non arraffo la vita di nessuno. Non voglio tutti i tuoi week end, non pianifico il domani, non voglio togliere nulla a nessuno e, meno che mai, che qualcuno si tolga qualcosa per me. 

Non so nemmeno come facciano certe donne a imbastire strategie e intrappolare un uomo, non so vivere di queste squallide certezze.

Non c’era un piano, non ne faccio. Stavo inventando, un giorno alla volta, il bello di noi, mi piaceva pensare che avremmo fatto qualcosa e quel qualcosa lo avremmo deciso insieme, gustavo tutto un poco alla volta.

Non mi hai mai chiesto chi fossi e cosa volessi. Hai scelto di vedere quello che volevano vedere le tue sudicie fobie. E me le hai appiccicate addosso. E mi hai lasciata ad aspettare.

Aspettare il tuo verdetto, come un oracolo che, per l’ennesima volta, sentenzierà la verità.

Non ho bisogno della tua ennesima sentenza. Non ho bisogno di aspettare ancora. Ho già aspettato troppo e capito tutto.

È ora di andare via, via da te.

Aspettandoti, divento quella persona che non sono e che tu vorresti che fossi.

Ho capito e decido di barare un po’. Per restituirti un po’ del male che mi hai fatto. Prendo la via di fuga, senza dirti una parola. E ti lascio là, a crogiolarti nelle tue paure, le tue false certezze e le tue sentenze.

E forse un giorno capirai quanto hai sbagliato e naufragherai nel mare di errori che hai fatto con me.

Un mare in cui mi hai lasciata sola.

Vado, in silenzio, e ti lascio nel tuo oceano di solitudini.

Senza nemmeno una parola.

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