mercoledì 8 aprile 2015

Ciao amore, scrivimi i numeri (almeno)


1
Cosa metti tu al primo posto?
Che ne sai di me?
2
Bisogna essere in due.
In due per fare una cosa. Che sia bella, che sia brutta, fare qualcosa.
Ci siamo solo immaginati.
Ora, che ora è? Dove sei? Che fai? E io? Non ti scoccia non avermi? Non sapere? Quindi, che si fa? Che ne facciamo?
3
Il numero perfetto.
Ma anche no.
Se io sono l’altra, non c’è nulla di perfetto.
4
I quattro angoli, il gioco.
Ci hai mai giocato?
Tu, che giochi come un gatto con me, me che sarei la matta del gruppo, sai a che gioco stai giocando?
5
Le regole. Le buone regole sono sempre cinque.
Tornare al numero 1.
6
Sei chi sei e sei come sei.
Sono quello che sono.
Potevo essere diversa?
Ti ho chiesto una volta, se mai, mai nella vita, essere chi sono e come sono, mi avrebbe permesso di essere diversa e fare diversamente.
Te ne è fregato mai un cazzo?
7
Le meraviglie del mondo e i peccati capitali.
La felicità e la disperazione.
Tu, della seconda, hai fatto il pieno.
Che ne è di noi, su questo baratro, scemo che sei?
8
L’infinito.
Quando tutto sembra finito, è proprio là che tutto comincia.
9
Nove sono i sette nani più due: Biancaneve e la matrigna.
Stessa roba del numero 3.
10
Ten! Ho fatto l’amplein! L’amplein di delusioni, di misure del dolore sulla scala da uno a dieci. Mi resta solo la rabbia.
Da uno a dieci, sono arrabbiata dieci.
Lasciami perdere, non c’è spazio per la mia storia in questa storia.
11
Non si divide con niente.
Certi numeri sono più saggi di noi.
Voglio essere un undici. Non mi divido, spariglio e sparisco.
12
La dozzina di uova, la dozzinalità di certe cazzate.
Di’ qualcosa che sia una cosa o lascia così.
13
Numero che adoro. Naturalmente, chiaro, ovvio.
E tu?
14
Non mi viene in mente nulla.
Quattordicimilafantastiliardi di molecole del mio corpo ti imprecano contro.
Le altre ti vogliono.
Passiamo a quello dopo.
15
Quindici giorni di te, di te e di me, di noi.
Quindicimila leghe tra me e te.
Nemmeno un bacio, neppure un caffè.
E no, non abbiamo paura, no no.
16
Sedici i tuoi messaggi a vuoto fino a stamattina.
Sedicimila le mie imprecazioni.
17
Una iattura, secondo alcuni.
E, difatti, tu hai annunciato lo stop.
Poco convincente.
18
La maturità. L’età della responsabilità.
Di che ci facciamo carico, a sto punto, esattamente?
19
Un diciannove è un diciannove e basta.
Hai ragione: andiamo oltre.
20
Per te, sempre un numero.
E quindi?
Io sono qua.
21
Tocca a me.
Tocca a me, ok, va bene, sono qui, ti leggo, ti sento, ogni minuto, ogni istante… ma cosa, esattamente cosa, cazzo, tocca a me?
22
Via con 1.
Appunto.
Torna alla casella di partenza.
23
Ciao amore, i numeri te li ho scritti.
Te li ho scritti con rabbia, tanta rabbia, tutta la rabbia che ho.
Cosa vuoi da me, amore?
24
Almeno.
Doppio della dozzina.
Almeno un caffè.
Almeno potessimo. Potessimo viverci. Potessimo dirci. Potessimo farci.
Ma nemmeno.

martedì 7 aprile 2015

L’eccezione che porti



Ho cancellato quasi tutto. Ho voglia di pulizia, di poesia, di cose per bene, di cose che sanno di buono.

Il profumo del pane appena sfornato. L’odore del bucato steso al sole.

Le mani nelle mani, gli occhi negli occhi, la voglia di rischiare e rischiare qualcosa di vero per qualcosa di buono.

Un viaggio in macchina chiacchierando a bassa voce, la musica a palla cantando a squarciagola.

Il frusciare della gonna di una donna, la galanteria di un uomo innamorato.

Il sorriso di un bambino, le carezze e gli abbracci di una mamma.

Il tramonto sul mare, la birra con gli amici, i piedi nella sabbia.

Stare sdraiati nell’erba, immobili sotto il cielo, cercare di ricordare le nuvole come erano un secondo prima, l’odore dell’erba al primo sole che la scalda, il silenzio del vento che ti accarezza le guance.

Mi circondano troppi inganni e tradimenti, proposte di sesso, sesso in cambio di niente, un brivido forse. Ho trovato poca anima e ancora trovo solo mezze scuse, proposte ambigue, a metà, per vedere se magari ci scappa qualcosa, qualcosa in più, se qualcosa in tasca me ne viene.

Tutte scuse.

La cattiveria non l’abbiamo inventata noi. C’era già. Esisteva come il sole prima di ogni cosa, continuerà dopo di noi. Non scacciamo la paura della morte con il sesso. Non ci salverà. Se per qualche minuto ci sentiamo più forti, più furbi, più illuminati, è poca roba, roba misera.

Il mondo è anche così.

Ci sono cose, ci sono persone, che il mondo lo rendono diverso. Sono persone speciali, cose buone. Che portano pace nel cuore. Sono fatte di poesia. Sono eccezioni.

Incontrarsi, trovarsi, riconoscersi. Simile con simile, vero davanti al vero. E andare avanti, insieme, ricordandosi chi si è veramente, quali sogni abbiamo, qual è la ragione per cui siamo qui. E magari anche perdersi. Lasciarsi perdere. Perdere insieme.

Siamo un destino da compiere. Siamo vita e parole, siamo emozioni e azioni, siamo fragili, fragilissimi, appesi a quella speranza della poesia che mettiamo nelle cose che facciamo, nelle parole che usiamo per noi stessi e per gli altri. Siamo carne, siamo passione, siamo respiro. Siamo animali, fatti per rotolare e annodarci nel sudore. E siamo anima e siamo cuore. E siamo anche cose, oggetti dimenticati, a volte, pieni di polvere e destinati ad essere polvere.

Siamo quello che siamo e non siamo diversi.

Camminiamo tutti incerti, spaventati, su sentieri che abbiamo imboccato decidendo al bivio o senza decidere nemmeno troppo.

È quello che cerchiamo, di noi negli altri, che fa la differenza, che ci rende speciali.

La speranza che qualcosa possa cambiare, che ogni persona possa avere poesia e portarcela nel cuore.

Liste di cose



Un elenco di cose che non ti ho chiesto.

Innamorati di me. E innamorati prima ancora di te stesso.

Se hai voglia di essere felice, e di essere felice con me, lascia quella casa e quella donna, e vieni a cercarmi solo dopo che avrai capito, camminando da solo, per tornare alla tua casa vuota, se vuoi invitare me, proprio me, a bere un caffè da te, solo un caffè, senza nemmeno sfiorarmi.

Guardami negli occhi e dimmi le cose che senti per me. Fatti guardare negli occhi mentre ti racconto di me.

Cose che nemmeno ho osato sognare di confessarti.

Potrei innamorarmi di te. Non di quel pirla viscido che ogni tanto sei. Ma di quell’uomo sensibile, intelligente, pieno di cicatrici che la vita ti ha lasciato addosso. Quell’uomo che ha tanto da raccontare e che potrebbe capire chi sono, dando un senso alla donna che vorrei essere.

Non so se potrei amarti. Vorrei scoprirlo. Vorrei, lo farei, insieme a te. Ma dovresti prendere la tua vita, quella che stai vivendo e che ti fa schifo, e buttarla via.

Ho sofferto tanto. Tanto e in modo immenso anche io. Ho patito un inferno di dolore, forse anche tre inferni, in questa vita che ho vissuto. E sono diventata la bestiola buffa spaventata e tenera che vedi. Vorrei essere anche meno forte di quello che sono. Vorrei essere anche solo un fiore appoggiato a uno stelo. E non spezzarmi tutte le volte. Non succede. Sono quella che sono e mi chiedo se potrei esserlo insieme a te, anche solo per un tratto di strada, per quel tempo che ci serve ad amarci fino a che ci desidereremo.

Cose che non ho fatto.

Baciarti.

Toccarti.

Chiudere gli occhi e lasciar scivolare la mia pelle sulla tua.

Parlarti, ascoltarti, camminare con te, mangiare con te.

Ubriacarci e fare sesso da ubriachi.

Passare un intero week end chiusi in casa.

Andare a vedere il mare di notte e fare l’amore dappertutto, non dormire, sognare di non tornare mai.

Cose che non fai.

Cambiare la tua vita.

Uscire allo scoperto.

Smettere di provocarmi.

Chiedermi di darti il coraggio di liberarti dalla tua gabbia dorata.

Chiedermi cose che non sai se potrò mai darti.

Raccontarmi se hai dei sentimenti per me.

Smettere di avere paura di quello che potremmo provare.

Cose che non farai mai.

Amarmi.

L’amore con me.

Baciarmi.

Toccarmi.

Conoscere il mio odore, asciugare le mie lacrime, ridere con me.

Cose che a breve smetterai di fare.

Flirtare.

Scrivermi.

Chiedermi di fotterti.


Per una volta



Per una volta, è tutto facile, in un certo senso, per me.

È stato semplice, semplicissimo, incuriosirmi e incuriosirti, aprire fra noi un varco, uno spiraglio, sbirciare, sentire l’affinità; poi vedere arrivare la possibilità del coinvolgimento e frenare, alzare barriere di fronte al pericolo, abbattere le mie paure fidandomi di me stessa, percepire la vicinanza fra noi e la voglia di andarci dentro con tutte le scarpe; e quindi scappare di nuovo, distruggere tutto, con un semplice passo indietro, un muro di silenzio, sparire, lasciare te e me soli, ognuno di nuovo alla sua vita, senza che fosse cambiato e successo nulla.

E io sono qua, quasi immobile, quasi nascosta ad aspettarti, mentre procedo e vado avanti.

Tu, chi lo sa.

Sei arrabbiato. Indispettito, per il capriccio che non ti sei potuto togliere.

Io amareggiata, ferita dal mondo per come è, e delusa da te, che mi hai vista e voluta solo come si vuole un oggetto bello, nuovo e magari costoso, per sfoggiarlo un po’, non credo altro.

Mettersi in gioco è un’altra cosa.

È difficile, a volte; altre volte, forse, è troppo semplice.

Devi sapere, ogni volta, che se ti metti in gioco abbandoni le tue sicurezze, lasci stare le certezze di sempre, ti metti nelle mani di un’altra persona e, forse, forse sì, anche un po’ del destino.

Devi sapere, ogni giorno, che mettersi in gioco è fare un passo in avanti e in fuori, verso l’ignoto.

Puoi non sapere come fare, ma devi volerlo.

Ed è quando smetti di volerlo, quando ti arrendi a quel che c’è, che, allora, devi anche sapere che comunque, anche se non lo vuoi, anche se fai finta di ignorarlo, continuerai a doverti mettere in gioco, da solo o con qualcun altro, sempre, perché è sempre nel gioco che devi giocare la partita.

Raccogli i tuoi cocci, i santissimi pezzi di te che ogni volta si mescolano, riprendi il filo della tua storia e decidi di nuovo quale è il tuo cammino, il tuo tratto di strada davanti a te che devi fare.

E devi andare.

Non puoi restare là, fermo, immobile, in attesa.

Nessuno è veramente fermo, veramente immobile.

E devi sapere che non te ne farai niente della ragione. 

Devi sapere che si tratta di scelte e non c’è giusto, non c’è sbagliato, non c’è mio, non c’è tuo.

C’è solo un andare, un continuo andare, andare avanti, senza rimedio.

Ed è stato così facile essere totalmente me stessa, nel bene e nel male, così facile che, oggi, non lo so più cosa è bene e cosa è male davvero.

Ho scelto di dirtelo. Ho scelto di farti sapere cosa voglio e cosa avrei potuto volere da noi, se mai avessimo iniziato a viverci. Non ho scelto noi, però. Non ho scelto di viverci. Non ho scelto di lasciar perdere me stessa e le mie convinzioni. Ho scelto di esserci, vera e leale, così come sono. Di essere presentissima e pronta a fare un passo in avanti, chiedendo a te la stessa cosa, di fare un passo in avanti, di essere semplice nella scelta, senza inganno.

Non abbiamo mai bevuto quel caffè.

Tu, chi lo sa dove sei, sei dietro al mio muro di silenzio e soffi di rabbia, aspettando che io ceda come una tavoletta di legno leggero.

Io, se ti chiedi dove sono, sono quel muro di silenzio, mi stai soffiando dentro e sento tutto.

Per questo non cederò.

Non ne ho bisogno.

È così semplice essere me stessa e, per una volta, questa volta, credere fino al midollo che, mettendo il gioco nelle tue mani, come tu credi di averlo messo nelle mie, aspettando che sia io a cedere e prenderti, sarà semplice e facile.

Non scricchiola niente intorno a noi.

Non cede nulla.

È facile, questa volta, amarmi.

Così come soffrirne, anche e ancora, pure questa volta.